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LA RESISTENZA ANIMALE C’E’ E SI VEDE

19 Giu

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Giorni fa, un tale, una persona che conosce la questione animale, una persona vegan, ci ha detto che il concetto di Resistenza Animale, l’idea che gli animali evadono, si ribellano e resistono attivamente e consapevolmente all’oppressione umana, è soltanto una fantasia.

In altre parole, secondo questa persona, le azioni degli animali, il loro resistere mordendo, graffiando, sfondando, scappando, il loro lanciarsi dai camion diretti al macello, il loro tuffarsi dalle navi, il loro scavalcare recinti e cancelli, il loro scavare alla ricerca di una via d’uscita, il loro correre più lontano possibile dai luoghi di sfruttamento, tortura e morte, non sono gesti che comunicano concretamente una volontà, che intendono porsi fattivamente contro la loro stessa oppressione. La persona in questione, poi, ha specificato che si tratta di gesti disordinati e casuali e che, proprio per questo, non possono essere definiti come una resistenza consapevole.

Oggi, di fronte al ricco lavoro del blog Resistenza Animale, non è più possibile considerare le azioni resistenti degli animali come dei casi fortuiti, come dei curiosi aneddoti da inserire nello ”Strano ma vero”. Oggi, grazie a quel lavoro di raccolta, grazie all’immensa mole di notizie, articoli, video, foto, testimonianze, noi sappiamo che gli animali, questi gesti, li compiono continuamente, regolarmente, ovunque. E se consideriamo che, nella maggior parte dei casi, questi gesti non sono neppure visti, considerati, riconosciuti, possiamo anche comprendere che il loro numero è enormemente più elevato rispetto a ciò che è dato sapere attraverso i media, rispetto a ciò che è possibile raccogliere e divulgare.

Non riconoscere questi gesti, minimizzarli, ridicolizzarli, renderli un divertente spettacolo, è normale amministrazione in un contesto che non può e non vuole fare i conti con l’orrore che crea, accetta e divulga quotidianamente. Perché, in effetti, il solo fatto di inquadrare l’animale che scappa dal circo come un fuggitivo alla disperata ricerca di una via d’uscita, di uno spiraglio di salvezza, metterebbe in crisi la grossolana ipocrisia che sorregge il tutto, che tiene in piedi quel sentirsi eticamente a posto con tutto e con tutti.

La negazione dell’individuo oppresso, in effetti, deve passare anche attraverso la negazione dei suoi gesti, soprattutto dei suoi gesti di resistenza, ribellione, evasione, non accettazione, perché sono proprio quei gesti che lo qualificano come individuo, come essere che esprime una volontà, che esterna dei desideri, come ad esempio la profonda radicata e radicale aspirazione alla libertà.

E se, da una parte, tutta la storia dell’oppressione animale, si basa proprio sul contenimento di queste azioni di resistenza, dall’altra, paradossalmente, si basa anche sulla loro negazione.

Già, perché da sempre, per riuscire a sfruttarli e usarli, sono stati necessari corde, fili spinati, recinti, fruste, pungoli, muri, sbarre e un’infinità di altri strumenti che servivano e servono proprio a contrastare, ad annullare una continua e inarrestabile comunicazione resistente da parte degli animali che ci facevano capire con ogni modo e con ogni mezzo che non ci stavano, che non volevano, che consideravano e considerano tutto questo un’ingiustizia inaccettabile.
La storia dello sfruttamento animale, dunque, non si è mai basata sulla rassegnazione, sull’obbedienza e la collaborazione.

Ma poi, in un folle delirio di onnipotenza, diventa necessario negare tutto questo. La vittoria totale consiste infatti nell’annullamento del nemico oramai talmente sottomesso dall’aver perso le sue sembianze di individuo, dall’esser trasformato in una sorta di entità passivamente disponibile alle necessità di chi detiene il potere.
Cancellato, l’animale non conta più. E anche se scappa, il senso del suo scappare deve esser ridotto, svilito, ridicolizzato. Perso il significato della fuga come atto di resistenza e ribellione, l’unica conseguenza sensata è quella di riportare il fuggitivo nel posto che gli compete, allevamento, macello, zoo o circo che sia. Perché è solo in quel luogo che l’animale ritrova il senso che gli è stato assegnato nel nostro immaginario, la casella dalla quale, inesorabilmente, non può e non deve spostarsi.

Ma tutto questo, appunto, è normale amministrazione nel contesto antropocentrico e dominate che viviamo, nello spazio dei significati e delle emozioni che sono state costruite lungo i millenni intorno agli animali. Risulta, invece, enormemente più straziante e inconcepibile quando lo ritroviamo tal quale nel panorama di chi si attiva in favore di quegli stessi animali.

Il condizionamento antropocentrico, in altre parole, si rivela talmente forte, incisivo e radicato nell’immaginario collettivo da condizionare anche i pensieri e le azioni di chi vorrebbe muoversi attivamente in loro favore.
Si fatica molto, in realtà, a scendere da quella mitica ed eroica posizione dominante dei benefattori, dei salvatori nelle cui mani è collocato il destino di tutti gli animali.
Gli animali, in questo contesto, che resta drammaticamente antropocentrico, sono vittime innocenti, povere anime, esseri indifesi che non si sono mai mossi da quella loro passiva posizione, che aspettano con pazienza la morte da parte del carnefice umano, oppure la salvezza da parte dell’eroe pur sempre umano. Esseri totalmente dipendenti, incapaci, belle principessine sulla torre in attesa del cavaliere errante, magari mascherato, in attesa della morale abnegazione di chi sacrificherà il suo tempo e il suo lavoro in loro nome.

Tutto questo non scalfisce minimamente la complessa, millenaria e stratificata costruzione dell’oppressione animale. Non scalfisce il rapporto di dominio, non scalfisce l’indirizzo mentale che ci conduce fatalmente, ogni giorno, a partecipare a quella stessa oppressione sentendoci i detentori delle logiche, dei saperi, delle certezze e dei modelli a cui tutti si devono adeguare.

Vedere finalmente la Resistenza Animale, sostenerla attivamente e metterla in primo piano nell’azione di reciproca Liberazione, invece, è un atto essenziale e indispensabile senza il quale non è possibile neppure concepire il senso di ciò che stiamo facendo.
Chi nega la Resistenza Animale si comporta come quegli uomini che negavano valenza politica e consapevole ai primi atti di insubordinazione e ribellione da parte delle donne, come quegli uomini che, invece di lottare al loro fianco, pretendevano di decidere (in base ai loro parametri patriarcali) se quegli atti fossero realmente sovversivi, realmente degni d’esser presi in considerazione.

Riconoscere la Resistenza Animale ridicolizzata e mai concepita come tale, è un vero e proprio atto di insubordinazione che mette fatalmente in crisi il normale e cinico scorrere dell’etica antropocentrica. Un atto che colpisce al cuore perché, inevitabilmente, crea solidarietà con i fuggitivi e i resistenti senza creare quei pietismi che, invece, li relegano fatalmente nella fossa dell’inferiorità.

Riconoscere la Resistenza Animale nelle sue infinite e continue manifestazioni, inoltre, permette di vedere negli animali dei complici nella lotta per la Liberazione, degli individui che possono aiutarci a scardinare le dinamiche oppressive che caratterizzano la nostra esistenza quotidiana.

Riconoscere e sostenere la Resistenza Animale, ancora, è il modo migliore per arretrare lasciando spazi di senso e di libera espressione agli animali stessi. Per arretrare dalla nostra potente e onnipotente posizione ammettendo che questa resistenza c’è sempre stata e noi, nonostante la cultura, l’intelligenza e la coscienza politica che ci caratterizzano, non l’avevamo mai vista.

Raccontini Crudeli

27 Apr

DSC03292.JPGUn cacciatore che cade dalle scale, batte la testa e muore. Un avvelenatore che sbaglia polpetta e si avvelena da solo. Un vivisettore impazzito che viviseziona vivisettori. Un domatore che dopo un colpo al cuore viene operato d’urgenza e si scopre che non ha un cuore ed è quindi destinato a morire. Un pescatore che lancia la lenza e, per sbaglio, aggancia e scaglia sugli scogli decine di altri pescatori. Un macellaio dall’enorme coltellaccio che si trancia un dito che schizza via accecando un altro macellaio che si trancia un dito che schizza via…

Cattiverie gratuite? No! Humor Nero!

Ben nove raccontini crudeli di humor nero serviti con ritmi ossessivi, con toni di comicità splatter che non hanno nulla a che fare con le stupide vendette o i superficiali estremismi della violenza reale. Solo potenti e prepotenti effetti stranianti per destabilizzare il tranquillo horror del regime specista.

Ogni raccontino crudele è un pieghevole dotato di copertina in un assemblaggio manuale da manuale. Per ottenere l’intero set di ben 9 raccontini crudeli di Humor nero contattateci su troglotribe@libero.it

Il cacciatore, Il pescatore, Il macellaio, Il domatore, Il pellicciaio, Il vivisettore, Il pastore, Il trasportatore di animali, L’avvelenatore… vi aspettano più morti che mai!

CHI SIAMO

28 Feb

Troglovegan è il succoso frutto colorato che nasce intorno all’inizio del millennio da Troglodita Tribe S.p.A.f. (Società per Azioni felici).

troglodita tribe

Siamo Fabio e Lella, attivisti indipendenti e resistenti.
Corriamo sul filo della Liberazione Animale provenendo da un percorso libertario e anche libresco.

Indipendenti. Senza entrare in alcun gruppo o associazione ci sentiamo parte di un movimento, che definiamo più che altro una tensione, un’apertura alla quale partecipiamo attivamente. Essere indipendenti ci permette di espandere questa tensione attraverso la collaborazione, ci permette di colorare e de-scrivere il paesaggio delle liber(e)Azioni usando le nostre attitudini, le nostre sensibilità, le nostre energie. Ci permette, soprattutto, di offrire il meglio che siamo migliorando noi stesse ogni giorno.

Resistenti. Resistiamo cercando di vivere con autoproduzioni fatte di scarti. Resistiamo alle intense pressioni identitarie che ribaltano ogni pulsione libertaria. Resistiamo al rifiuto della solidarietà, al rifiuto del riconoscimento delle logiche del dominio sempre nascoste tra insospettabili pieghe del quotidiano. Resistiamo con un linguaggio deliziosamente lunatico alla ricerca dell’invenzione, della decostruzione irriverente e incandescente. Resistiamo alle ovvietà e alle banalità in cui, irrimediabilmente, viene trascinata qualsiasi apertura, qualsiasi espansione. E questo ci spinge ad approfondire, a sperimentare, a studiare stravolgendo ogni programma e ogni programmazione. E questo rende la nostra resistenza particolarmente dinamica, una sorta di perenne esplorazione.

Incontri, reading, interviste, articoli, recensioni, cerchi, libri e libelli creativi, spunti cartaceo-poetici, dossier, presentazione di libri, tavoli di sensibilizzazione… sempre per la Liberazione Animale