Ortica Editrice

orticaIntervista a Ortica Editrice

1) Abbiamo conosciuto Ortica Editrice alcuni anni fa a Indy (Roma) la Fiera dei Gusti Non Omologati (editori, mastri birrai e vignaioli indipendenti). Una cooperativa pungente e stimolante, proprio come il nome che avete scelto. Quando nasce e perché?
Siamo nati nel 2010. Sentivamo il forte desiderio di socializzare percorsi di ricerca personali, di instillare qualche dubbio, di far conoscere movimenti, idee, testi e autori che riteniamo importanti.

2) Alcuni di voi sono vegan e antispecisti. Questo fatto ha influenzato il vostro progetto e le vostre scelte editoriali? E’ per questo che fra le vostre interessanti collane c’è anche “Gli Artigli” che ospita testi importanti sulla questione animale? Come scegliete i testi e gli autori da pubblicare?
Ha sicuramente influito sulle nostre scelte editoriali. Ai movimenti per la liberazione animale dedichiamo molte delle nostre forze. I testi che fanno parte della collana “Gli artigli” sono spesso frutto di collaborazione con il movimento antispecista e con la rivista Liberazioni che da anni si occupa della questione animale.
Tra i testi e gli autori che scegliamo di pubblicare tendiamo a preferire quelli che secondo noi danno un maggior contributo alla riflessione e che possano avvicinare un pubblico eterogeneo.

3) Ne “Gli artigli” avete pubblicato “Il Manifesto Queer Vegan” di Rasmus Rahbek Simonsen che mostra il veganismo come una forma di ribellione rispetto ai punti di vista dominanti, una sorta di “attraversamento” delle frontiere che separano l’umano dal non umano. Come mai avete scelto questo saggio? Che impatto ha avuto? Ha creato delle rotture, delle incomprensioni, o ha aperto nuovi orizzonti?
Il saggio di Simonsen, nato dalla collaborazione con la rivista Liberazioni, ha suscitato un dibattito e ha subìto forti critiche da parte di ambienti conservatori, un segnale che ci ha fatto capire di aver toccato due punti sensibili: quello delle convenzioni alimentari e quello relativo all’orientamento sessuale, due assiomi che sembra non possano essere messi in discussione in alcun modo.
Ciò che ci è piaciuto molto del Manifesto è la volontà di aprire nuovi fronti, seppur ancora nella sua fase embrionale, è il tentativo di favorire un'”alleanza strategica” tra movimenti diversi, quello queer e quello vegan. Mettere in discussione le consuetudini che caratterizzano la nostra società, da quelle alimentari a quelle sessuali, ha il merito di destabilizzare valori propri delle forze conservatrici. Forze che continuano a trincerarsi dietro a pretese “interpretazioni autentiche” di ciò che è naturale e di ciò che è innaturale. I due movimenti “devianti”, quello vegano e quello queer, perturbano la loro pace sociale e le “nostre” istituzioni che su questa fondano il loro primato e il loro potere. Molti all’interno del movimento antispecista, e tra questi sicuramente l’autore del manifesto, hanno intuito che occorre un’alleanza strategica con altri movimenti di liberazione (es. movimento queer, femminismo), da questa potrebbero nascere sicuramente contributi incisivi verso direzioni inesplorate fino ad oggi.
Simonsen inoltre è molto efficace nel porre l’accento sul rischio dell’istituzionalizzazione del movimento vegan, e sul rischio di rendere il veganesimo un’ulteriore appendice del sistema di sfruttamento capitalista/liberista, una sorta di “consumismo alternativo”, anziché una scelta prettamente politica/etica antisistemica.

4) Potete anticiparci il prossimo libro che pubblicherete nella collana “Gli Artigli” e dove lo potremo trovare?
Per quest’anno abbiamo in cantiere due libri ma è prematuro dare una data di uscita.

 5) Come vedete il ruolo dei libri in generale e degli editori in particolare nel vasto panorama dei movimenti per la Liberazione Animale? Pensate che possano ancora avere un ruolo determinante o sono destinati ad essere soppiantati dai social network e dall’informazione digitale?
Secondo noi i due piani sono complementari, l’uno non esclude né limita l’altro. Da parte nostra comunque siamo propensi a privilegiare il contatto fisico e intimo che regala il libro, favorendo una riflessione più profonda. Per quanto riguarda l’editore, esso, con i libri che decide di pubblicare, delinea dei percorsi conoscitivi e di approfondimento che difficilmente possono essere soppiantati dall’immediatezza e dalla genericità delle nuove e sempre più veloci forme di comunicazione. Questo ovviamente riguarda anche i temi relativi alla questione animale.

6) A parte i vostri, quali sono i libri o il libro che, oggi, consigliereste ad una persona che si avvicina alla questione animale? Quello o quelli che deve assolutamente leggere?
Un libro che possiamo consigliare per avvicinare anche i lettori neofiti alla questione animale può essere “Ecocidio” di J. Rifkin.

7) Da tempo, è sempre più difficile usare la parola “politica” senza essere fraintesi, senza suscitare fastidio. E questo succede spesso anche nel mondo animalista. C’è chi sostiene che destra e sinistra non esistono più, che sono concetti superati, ma le infiltrazioni di destra nel movimento animalista sono assai evidenti. Voi che ne pensate?
Molto banalmente, la parola politica può anche non essere usata ma di fatto ogni nostra azione ha sempre un effetto politico: ogni nostra decisione (es. cosa mangiamo o come vestiamo) di fatto è politica.
Per inciso non possiamo non constatare che in questi ultimi anni le differenze fra sinistra e destra sono sempre meno nette, esclusi ovviamente i casi di movimenti realmente spontaneistici e autentici; da almeno un ventennio si è cercato di cancellare ciò che poteva contraddistinguere i valori propri della sinistra dai valori della destra. Viviamo nell’epoca del “borghese universalizzato”. Forse è per questo che valori che potrebbero sembrare propri della sinistra vengono fatti propri dalla destra e viceversa.
Per quanto riguarda i tentativi della destra di appropriarsi di istanze del movimento antispecista basti ricordare le tesi enunciate nel manifesto della razza del ’38, ove si differenziano le razze all’interno della stessa specie umana (proclamando l’esistenza “scientifica” di quella Italiana/ariana). Come può la destra sostenere l’antispecismo? L’antispecismo è meticciato!

8) Ortica è una società cooperativa. Questo significa che non punta sulla concorrenza, il profitto e la sopraffazione, ma sulla cooperazione tra individui. Da questa vostra esperienza, che consigli potreste dare al movimento animalista, che è così variegato, pieno di contraddizioni e, spesso, un po’ confuso?
Non ci sentiamo in grado di dare indicazioni di alcun tipo; lo spontaneismo in genere e in particolare quello che c’è oggi all’interno del movimento animalista non può che essere una risorsa per far crescere idee che vengono perseguite da più fronti.
La solidarietà, l’antiautoritarismo, la cooperazione, la non ricerca di profitto sono istanze che sentiamo sicuramente nostre. Questo ci fa ritenere che la sintesi fra diverse posizioni, a volte contrastanti, è spesso faticosa ma la prassi, secondo il nostro punto di vista, non può essere scissa dal fine: il metodo di confronto, il mettersi in discussione in modo onesto, magari pronti anche a fare un passo indietro, un metodo non freddamente democratico, non basato sui numeri ma nel rispetto e perché no della stima di chi si ha di fronte, per noi è fondamentale.
Occorre forse riscoprire vecchi ma semplici metodi di confronto tra persone in carne ed ossa (non solo sul web). Il calore umano spesso basta ad appianare divergenze che talvolta possono sembrare insuperabili.

9) La Liberazione Animale, anche solo la sua rappresentazione simbolica, ha certamente bisogno di ampi spazi di libertà per riuscire ad attecchire nei nostri immaginari, per riuscire a fiorire. Quali sono i passi più urgenti, oggi e nel concreto, per favorirla, per fare in modo che non venga ridotta a una trovata pubblicitaria?
È molto difficile dare una risposta a questa domanda. Per il movimento di liberazione animale, come per tutti i movimenti spontanei, il rischio di essere fagocitato dal buco nero della società dello spettacolo è indubbiamente forte. Stanno nascendo come funghi nelle nostre città centinaia di negozi bio o simili, è chiaro che è in atto un riallineamento del capitale verso posizioni e istanze etiche per l’enorme margine di profitto che queste portano con sé. Non mancano altresì esempi di egemonizzazione o peggio di sfruttamento, per propri tornaconti politici, della questione animale come sta avvenendo ultimamente nella politica ufficiale
Paradossalmente il rischio che attualmente corre il movimento di liberazione animale è quello di vedersi espropriare del lavoro di anni, di essere omologato. Quindi ciò che ci sembra quanto mai urgente per il movimento, prima di essere archiviato come l’ennesima moda, è il prendere di coscienza della sua essenza antisistemica.

10) Nella presentazione di Ortica Editrice scrivete “Ciò che ci ha mosso è stato un moto di ribellione”. E’ ancora possibile, oggi, ribellarsi? Come si colloca la Liberazione Animale in un discorso di radicale cambiamento dello status quo?
Crediamo che sia sempre possibile ribellarsi a ciò che si crede ingiusto e farlo nella quotidianeità, non aspettare l’ora X. Il movimento per la liberazione animale può esser uno dei fulcri per scardinare lo status quo, perché mina la coscienza dell’uomo in quanto uomo rimettendone in discussione tutta la sua storia, tutto il suo passato, tutta la sua civiltà, facendo decadere ogni parametro e ogni presunto progresso.
Intervista a cura di Troglodita Tribe

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